Il cantautore salentino Mino De Santis conquista l’immenso pubblico

della Notte della Taranta con Canto alla Terra, un inedito che

intreccia i versi della saggezza popolare salentina a un grido

d’allarme per la tutela e la difesa del territorio.

Nei versi di Canto alla Terra, mixati con quelli delle più belle

canzoni salentine, Mino De Santis fa riferimento alla storia di fame e

riscatto, di rivolte con la “coppula in mano” (il cappello in mano)

messe in atto dai contadini dell’Arneo, delle Tabacchine… in un tempo

non molto lontano. La canzone è un grido d’allarme perché il

territorio salentino rischia di essere deturpato per sempre da uomini

dalla faccia bianca con la coscienza nera come canta il poeta

testualmente: “la facce pare chiara, ma la coscienza è nera”. Il

pensiero va al gasdotto tap, nel momento stesso in cui Mino De Santis

canta: “qualunque sia lu scangiu, non c’è la convenienza (qualunque

sia lo scambio, non c’è la convenienza)”. E il pensiero va al

cosiddetto ristoro ambientale: soldi in cambio della distruzione del

territorio. Un ristoro che il sindaco di Melendugno, Marco Potì e

tanti altri sindaci del Salento si sono sempre rifiutati di trattare.

E così, mentre esplodono le polemiche perché gli organizzatori hanno

fatto ammainare le bandiere dei notap, che sventolavano tra il

pubblico, sul palco veniva cantata la canzone - Manifesto della Notte

della Taranta 2018:  Canto alla Terra, il simbolo di una nuova

rivoluzione salentina per la difesa dell’ambiente e del paesaggio che

i nostri antenati ci hanno lasciato intatto. E ora tocca a noi, come

canta De Santis.

Intanto per il 2019 il presidente della Fondazione Notte della

Taranta, Massimo Manera,  ha annunciato importanti novità. Avvistati

con lui, nel back stage i Volo, che potrebbero partecipare il prossimo

anno.

La Notte della Taranta sarà portata con Costa Crociere sul

Mediterraneo come ha sottolineato l’assessore regionale alle industrie

turistiche e culturali, Loredana Capone: “Dobbiamo aprirci sempre di

più al mondo. Guai a restare chiusi.

E così hanno preso molto il pubblico, i musicisti, cantanti  e

ballerine indiane del gruppo Dohad Gypsies con i loro vestiti colorati

e le danzatrici ingioiellate nei loro abiti tipici. Venivano dal

Rajasthan una regione dell’India di cui stanno cercando di rivalutare

la musica di tradizione. Proprio come nel Salento.

Infiamma, come sempre il grande pubblico, Antonio Castrignanò con la

sua Aria Caddhipulina.

Straordinarie le soluzioni rap e rock introdotte dal maestro

concertatore, Andrea Mirò.

Qualche dissonanza, però, si è notata, a tratti, tra i cantanti e

l’orchestra: alcune volte la voce andava per conto suo e la musica

pure.

 E che dire del finale Kali Nikta? Cantanti in difficoltà con alcuni

che hanno omesso di cantare i versi, mentre la musica andava da sola e

il cantante indiano cercava di dare un appoggio vocale. Sicuramente

qualche giorno di prove in più sarebbe stato auspicabile.

Leggiadro il corpo di ballo, stupende le coreografie firmate da

Massimiliano Volpini, assistente Viola Vicini, fluttuanti e passionali

i vestiti delle danzatrici realizzati da Costumeria Stylmor di Ada

Amato, coloratissimi e eterei quelli realizzati da Gaudiomonte Couture

per Andrea Mirò, Alessandra Caiulo, Stefania Morciano, Enza Pagliara e

Alessia Tondo e per l’orchestra popolare, eccezionali le luci di

Mariano Light.

Ma che sia rock - rap, jazz… melodica… tarantata… la musica, la

riscoperta e la valorizzazione delle tradizioni e del territorio

salentino restano i protagonisti assoluti del Concertone perché è

questa la sua anima.

Carmen Mancarella

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