MILANO, TEATRO DELL’ELFO: DAL 14 FEBBRAIO AL 12 MARZO, IN SALA FASSBINDER ARRIVA "ROSSO"

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di John Logan, traduzione Matteo Colombo

regia, scene e costumi Francesco Frongia

con Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni

luci Nando Frigerio

produzione Teatro dell’Elfo

Torna in scena uno dei successi più sorprendenti del Teatro dell’Elfo. Red negli Stati Uniti è stato un caso: dopo il successo al Golden Theater di Brodway e al Donmar Warehouse di Londra, si è aggiudicato 6 Tony Award nel 2010. John Logan è noto come sceneggiatore di molti capolavori cinematografici: dai film di Scorsese The Aviator (soggetto e sceneggiatura) e Hugo Cabret (nomination per l’Oscar 2012), a Sweeney Todd di Tim Burton fino agli ultimi due episodi di 007, Skyfall e Spectre, diretti da Sam Mendes.La pièce è ispirata alla biografia del pittore americano Mark Rothko, maestro dell’espressionismo astratto, che alla fine degli anni Cinquanta ottiene la più ricca commissione della storia dell’arte contemporanea, una serie di murali per il ristorante Four Seasons di New York. Rosso mette in scena lo scontro tra generazioni: Rothko, un uomo maturo che fa i conti con se stesso, e Ken, giovane allievo alla ricerca di un ‘padre’. Dopo due anni di lavoro febbrile per realizzare i dipinti murali, sarà proprio Ken a mettere in discussione il maestro in uno scontro teso e feroce che spingerà Rothko alla scelta radicale di disattendere gli impegni con il Four Seasons.

«Firmato da uno che lavora per il cinema, e si sente, ma che conosce bene anche l’arte del dialogo teatrale (e le sue furbizie). Buon punto di partenza, ma non sufficiente a garantire la riuscita dello spettacolo. Cosa che invece accade a questa versione diretta con puntuale intelligenza da Francesco Frongia. Sua anche la scena che ricostruisce con amorevole cura lo studio di Rothko: le grandi tele che fanno esplodere il rosso, l’amaranto e la voragine del nero, i pennelli, il giradischi, i pastelli, gli schizzi, i cavalletti. Il resto lo fa Bruni, a suo agio nel ruolo, un Rothko arrogante e irrequieto, sprezzante e fragile, perché ‘è una tragedia diventare irrilevanti quando si è ancora vivi’. Teorizza, pontifica, dissacra, si tormenta combattuto tra mercato e sacralità dell’arte. Andy Warhol e compari lo incalzano alle spalle e nel confronto con Ken si consuma il conflitto tra generazioni. Feroce, perché i figli devono uccidere i padri, ma non necessariamente destinato al fallimento. Come dimostra un finale che riesce anche a commuovere, a chiusura di uno spettacolo cavalcato da Bruni (e dal suo giovane compagno) con agilità, precisione e il tocco sensibile di chi sa fare del teatro una festa del pensiero senza essere saccente e dell’emozione senza essere retorico».Sara Chiappori, la Repubblica

«Serrato, intenso e anche spiritoso com’è, si avvale di un’eccellente regia di Francesco Frongia, autore anche di scena e costumi, coronata dalla superba interpretazione di Ferdinando Bruni, adeguatamente coadiuvato da Alejandro Bruni Ocaña. Il successo incondizionato della serata dimostra, quando c'è la qualità, la disponibilità del pubblico davanti a proposte meno scontate di quelle consuete ai nostri prudenti cartelloni. Il Teatro dell’Elfo compie così un altro passo lungo questa benemerita strada».

Masolino D’Amico, La Stampa

«È soprattutto lo spettacolo messo in scena da Francesco Frongia a catturare e provocare lo spettatore facendolo entrare dentro il gesto dell’artista, il vero protagonista di questa grande storia di cui Ferdinando Bruni (che è pittore di suo) è interprete di rara profondità e incisività, bene affiancato da Alessandro Bruni. Il momento in cui i due cominciano a ‘gettare’ il rosso sulla tela candida vale più di tante parole».

Maria Grazia Gregori, l’Unità

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